Dalle brughiere comuni ai boschi privati

Descrizione

Di chi sono i boschi e i terreni che ricadono nel perimetro del Parco della Pineta e dei Parchi Locali dell’Ambito Insubria-Olona? Che storia hanno avuto le proprietà negli ultimi secoli? E di chi sono invece le strade e i sentieri? Scopriamolo con questa scheda.

Strade e sentieri

Ogni strada carrozzabile o sentiero pedonale che attraversa il Parco è soggetta a una propria condizione giuridica e di proprietà. Abbiamo infatti:

  • strade pubbliche, di competenza e proprietà comunale o provinciale. Sono le strade principali, aperte al pubblico transito;
  • strade vicinali o consorziali ad uso pubblico. Sono strade di proprietà e competenza dei possessori di fondi che vi si affacciano, ma vi è permesso il pubblico transito poichè conducono a luoghi  di interesse generale o perchè è consuetudine storica che esse vengano utilizzate abitualmente dalla popolazione.
  • strade consorziali private, strade private, sentieri privati. Sono strade e sentieri di esclusivo possesso e uso dei proprietari.

Si noti come, in nessun caso, l’Ente Parco sia direttamente responsabile dello stato giuridico e della sicurezza di strade e sentieri, nonostante esso spesso si trovi ad essere parte attiva nella loro manutezione.

 

Il processo di alienazione delle brughiere e la nascita dei boschi privati

Ad oggi, circa il 98% delle superfici agricole e boschive interne ai confini del Parco della Pineta sono possedute da privati. Essi sono principalmente persone fisiche e, in minor parte, persone giuridiche, come imprese private ed enti ecclesiastici. Piccoli lotti sono inoltre di proprietà dei Comuni e dell’Ente Parco, che, specificatamente, possidede – tra gli altri –  i terreni in prossimità del Centro Didattico Scientifico in località Ronchi di Abbiate.

Questa configurazione fondiaria ha le sue origini in un lungo percorso di riassetto principiato a fine del Settecento. Prima di quell’epoca, tutte le brughiere erano indivise, ossia proprietà delle Comunità di pertinenza, le quali avevano diritti di raccolta e pascolo limitatamente ai propri confini. Nelle carte del Catasto Teresiano, i cui rilievi furono in gran parte realizzati tra gli anni 1722 e 1723, troviamo appunto che le brughiere interne, a differenza dei lotti urbani e agricoli, non fossero neppure in tutti i casi mappate completamente.

Nel Distretto di Tradate, comunque, erano già stati effettuati alcuni affitti e vendite di brughiere comuni. Specificatamente, la Comunità di Abbiate Guazzone, nel 1782, risultava aver dato a livello 3460 pertiche e ne aveva precedentemente vendute 1684 [1].

Il 6 settembre 1779, per editto dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, obbligò tutte le Comunità dello Stato di Milano che possedessero brughiere e incolti, ad alienarle, ossia a venderle (o metterle a livello) tramite asta al miglior offerente, dividendole in lotti di diverse dimensioni, come meglio avrebbe stabilito il Magistrato Camerale; gli acquirenti si sarebbero impegnati a mettere i terreni a coltura entro un termine definito nel singolo atto di vendita.

Dalle brughiere comuni ai boschi privati
Testo dell’editto del 1779 che permise la vendita delle brughiere delle Comunità a privati.

Questa iniziativa rappresentava la risposta alla preoccupazione del governo austriaco di migliorare la produttività agricola e forestale del territorio lombardo, a favore delle comunità stesse e dell’interesse generale della nazione. Al tempo, si calcolò che, a est dell’Olona, comprendendo quindi anche i terreni che oggi sono parte del Parco della Pineta, vi fossero 99.580 pertiche di brughiere, delle quali 2/3 già bonificate, ossia poste a coltura o alberate. Esse si estendevano fino ai “valloni di Appiano”, dove questa regione aveva termine [2].

In forza di questa legge, molti nobili e possidenti locali si aggiudicarono ampie porzioni di brughiera: tra questi i Castiglioni di Mozzate. In generale, al 1818,  le Comunità avevano alienato  68.000 pertiche, delle quali, però, 30.000 non furono effettivamente poste a coltura. L’editto sortì comunque migliori effetti a occidente dell’Olona, piuttosto che a oriente, ossia nel Gallaratese e verso il Ticino. In particolare l’area che ne beneficiò di più fu proprio il bacino del Bozzente fino a Rho, a seguito del Piano della separazione che aveva portato maggiore fecondità ai terreni.

In generale, il processo non fu comunque rapido e impiegò diversi  decenni e, come detto, rutt’ora esistono ancora residui di proprietà comunale nei nostri boschi.

A partire dalla seconda metà Ottocento e – ancor più – nella prima metà del Novecento, con il progressivo rinvigorirsi dei boschi l’avanzamento demografico, i primi possessori privati iniziarono, a loro volta, a vendere porzioni delle loro proprietà ai contadini dei paesi, in particolare ai più facoltosi fra essi. Costoro cominciarono a sfruttare più intensamente il patrimonio forestale, in particolare per procurarsi legna da ardere, sia per consumo famigliare che per cederla ai commercianti che la rivendevano a Milano e nelle città sprovviste di boschi.

Giunti agli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo, si assistette a ulteriori frammentazioni delle proprietà, tanto che quasi ogni famiglia era arrivata a possedere un appezzamento di bosco, spesso anche solo di poche decine di pertiche. Il Dopoguerra, hanno visto un ulteriore frazionamento dei fondi, che divennero quindi mediamente più numerosi e di superficie minore, a causa delle successioni in linea maschile, o la moltiplicazione delle quote di proprietà di un singolo lotto, sempre in ragione di motivi ereditari. Dagli anni Sessanta e Settanta, con l’installazione dei nuovi sistemi di riscaldamento domestico, la selvicoltura è stata progressivamente abbandonata e, ad oggi, è praticata solo da alcune aziende col sistema del taglio periodico, regolamentato da autorizzazioni emesse dall’Ente Parco.

Parallelamente, visto il descrescente interesse economico a divenire proprietari di boschi, sono diventate ormai molto numerose le cosidette “particelle morte”, ossia i lotti rimasti intestati a defunti e non passati in successione agli eredi, tema sul quale, si auspica un intervento legislativo di riordino.

 

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[1] V. Dandolo, “Discorso settimo sui beni comunali”, in Sulla pastorizia, sull’agricoltura e su varj altri oggetti di pubblica economia, Pirotta e Maspero Stampatori-Librai, Milano, 1806, p.227.

[2] “Intorno al modo di rendere fruttifere le brughiere del Milanese”, relazione accademica pubblicata in Giornale dell’Imperial Regio Istituto lombardo di Scienze, Lettere e Arti, Tomo III, Milano, 1818, p. 284 e segg.

Curiosità

I visitatori del Parco della Pineta, devono essere coscienti che, anche quando seguono i percorsi suggeriti, potrebbero attraversare sia sentieri che fondi di proprietà privata; ciò è ancor più vero se ci si inoltra all’interno dei terreni boscati, per l’osservazione della flora e la fauna, o per la raccolta di funghi o castagne. Queste attività sono permesse ma regolamentate. In tutti i casi, vigono sempre le norma di buon senso: si limiti al minimo il disturbo arrecato agli spazi naturali, evitando di calpestare la vegetazione fuori dai sentieri, soprattutto in primavera e in estate; non si producano rumori inutili, come grida e schiamazzi; si abbiano tutte le cautele necessarie nel visitare un ambiente selvatico: il Parco è ricco di terreni argillosi e impermeabili, che diventano naturalmente molto scivolosi a seguito di piogge; i sentieri, seppur sottoposti a manutenzione, non sono strade urbane, per cui sono soggetti al naturale dilavamento e possono essere temporaneamente occupati da piante e rami stroncati.

Autore

Matteo Colaone