Alla scoperta del Parco Valle del Lanza tra cave, boschi e mulini

Il Parco Valle del Lanza si estende tra le cave, i boschi e i mulini di una terra dalla storia millenaria.
Il “Valle del Lanza” è un Parco Locale di Interesse Sovracomunale istituito nell’anno 2002 tra i quattro Comuni fondatori di Malnate (VA), Cagno – diventato nel 2019 Solbiate con Cagno (CO), in seguito alla fusione con Solbiate – Valmorea (CO) e Bizzarone (CO). Nel 2012, anno in cui il PLIS festeggiava i suoi primi dieci anni di vita, anche il Comune di Rodero (CO) è entrato a far parte del Parco. Nel 2019, con l’ingresso di Vedano Olona (VA), il Parco ha raggiunto un’estensione di 1.064 ettari.

Le cave di Molera situate a cavallo tra le province di Como e Varese
La formazione del territorio risale a circa 25 milioni di anni fa, quando un braccio del Mediterraneo bagnava i piedi delle Prealpi e i fiumi che vi sfociavano lasciavano una grande quantità di massi, ciottoli e sabbia (che successivamente formeranno la “Gonfolite”). I sedimenti fluviali solidificano e diventano roccia, ricoperta da sedimenti alluvionali e suolo. I fiumi scavano profonde valli tra le quali il canyon del Lanza. Evidenza di questa forza erosiva è il maestoso “Sass de la Prea” tra Cagno e Valmorea.

Nel corso dei millenni, il territorio è stato modellato dall’azione dei fiumi e dei ghiacciai, e la presenza dell’uomo si è fatta sentire soprattutto a partire da un secolo fa, quando sono state aperte le cave di Malnate e Cagno per l’estrazione di pietra molera, in cui si sfruttavano le rocce sedimentarie di origine marina per l’edilizia e la produzione di mole abrasive.

I primi insediamenti nel territorio del Lanza

Le prime testimonianze di presenza stabile nella valle del Lanza risalgono a circa 3500-4000 anni fa, con il ritrovamento di strutture riconducibili a palafitte sul territorio di Casanova. Si tratta forse dei Liguri, agricoltori della val padana. L’unione delle culture dei Liguri e delle popolazioni celtiche provenienti da nord danno origine agli Insubri e alla Cultura di Golasecca, su cui influisce poi la Cultura di La Tène, con i ritrovamenti di Malnate. Gli Insubri si trovano ben presto a fronteggiare le legioni romane, che hanno la meglio e si stabiliscono nelle valli insubriche.

Nel Parco Valle del Lanza, la più vistosa e importante testimonianza della presenza romana è il troncone di torre sul colle di San Maffeo (Rodero), che probabilmente faceva parte di un sistema di segnalazione delle incursioni dei popoli celtici provenienti da nord. Il fortilizio ha un ruolo difensivo strategico per secoli e viene utilizzato da Goti, Bizantini, Longobardi e durante tutto il Medioevo, nei periodi di massimo sviluppo del cosiddetto Contado del Seprio.

Dal tardo Medioevo il colle viene abbandonato e solo verso la fine del 1500 l’area viene ripristinata, con la ricostruzione della chiesetta di San Maffeo e l’utilizzo dei blocchi della torre per costruzioni nelle valli adiacenti. Nel 1937 la famiglia Mattirolo acquista il colle, preservando così gli importanti resti storici. Dal tardo Medioevo il colle viene abbandonato e solo verso la fine del 1500 l’area viene ripristinata, con la ricostruzione della chiesetta di San Maffeo e l’utilizzo dei blocchi della torre per costruzioni nelle valli adiacenti. Pochi anni prima, il territorio di Rodero è protagonista di un altro rilevante sistema difensivo, la cosiddetta “Frontiera Nord”, le cui gallerie permangono sul colle.

L’imponente linea difensiva fu costruita per proteggere il confine italiano durante la prima guerra mondiale da una possibile invasione tedesca attraverso la Svizzera. Ai primi decenni del 1900 risale anche la costruzione, e la successiva decadenza, della linea ferroviaria della Valmorea, ripristinata a fini turistici nei primi anni 2000.

La vegetazione del Parco

Vista l’altimetria del parco, che non supera i 600 metri di quota, la fascia di vegetazione pertinente è riconducibile a quella “submontana”, caratterizzata principalmente dalla presenza di latifoglie eliofile che costituiscono generalmente un bosco misto. Tutta la fascia di fondovalle adiacente al corso del torrente Lanza è costituita da boschi igrofili in cui predominano i salici, le ontanie, i pioppi bianchi e le farnie.

Incubatoio di Valmorea
Nascosto in una foresta composta principalmente da ontani, carpini e querce, dove la presenza umana è scarsa e la quiete è ideale per la meditazione, si trova l’incubatoio di Valmorea (CO), una delle poche strutture che utilizzano vasche naturali per l’allevamento ittico di altissima qualità. L’incubatoio si trova vicino al confine svizzero e ospita solo tre specie di trota: fario, marmorata e salmerino, che crescono nelle vasche di terra mantenute a una temperatura costante tra i 12° e gli 8° Celsius, evitando di congelare l’acqua.

Il complesso dell’incubatoio è costituito da sei vasche in terra per la stabulazione dei riproduttori, sia maschi che femmine. La marmorata viene allevata per le acque dei laghi e dei torrenti di fondovalle, la fario per le acque correnti in generale e il salmerino alpino per i laghi profondi. Nel centro dell’incubatoio si trova l’avannotteria, dove avviene la riproduzione artificiale e l’incubazione delle uova. Tutta la produzione dell’incubatoio viene destinata al ripopolamento delle acque libere, mentre eventuali esuberi sono di solito donati ad altri incubatoi ittici di altre province.

Il mulino  Bernasconi, tra storia e attualità
Tra le peculiarità del territorio c’è da evidenziare il mulino ancora attivo della valle del Lanza, che esiste dal 1722 e dal 1951 è di proprietà della famiglia Bernasconi, che continua a macinare e vendere farina di ottima qualità. La struttura del mulino è rurale, con pareti intonacate di pietra e mattoni, e ha conservato inalterata l’articolazione degli spazi. Sulla roggia si trova un suggestivo lavatoio e la ruota del mulino ha un diametro di quattro metri e mezzo, ed è azionata dall’acqua della roggia molinara del Lanza, regolata con una chiusa metallica. Grazie agli ingranaggi, la ruota muove la macina all’interno del mulino. All’interno del mulino sono ancora presenti attrezzature ed arredi risalenti ai primi del ‘900.

L’anello dei mulini di Gurone tra natura e ingegneria
Le acque del fiume Olona venivano sfruttate già nel 1610 da 116 mulini utilizzati per macinare cereali e frantoi da olio.

Olona” deriva dalla radice celtica “OL” cioè di cosa grande, importante, nel senso dell’uso agricolo e pratico che facilmente può farsi delle sue acque. Basti pensare che, come risulta anche dai documenti catastali dell’ormai lontano 1610, le sue acque già allora venivano sfruttate da ben 116 mulini utilizzati non solo come macine per cereali ma anche come frantoi da olio.

La notevole piovosità della fascia prealpina, di norma concentrata nei periodi autunnali/primaverili, fa sì che la portata del fiume a Malnate abbia picchi impressionanti di oltre 100 mc/sec. creando autentiche ondate di piena concentrate in brevi periodi che l’alveo ridotto e le piccole aree golenali non riescono a contenere causando allagamenti ed inondazioni improvvise anche nelle valli successive.
Nel 2009 è stata inaugurata una diga che permette di accumulare per qualche giorno il surplus di acque meteoriche, per farle poi defluire gradatamente nel fiume, preservando gli argini da forti erosioni, evitando e riducendo quindi considerevolmente i possibili danni a ponti, infrastrutture e fabbricati.

Al centro dell’invaso, ed è una peculiarità davvero unica, è stata costruita una ulteriore diga a terrapieno con sezione circolare di circa 250m di diametro.

Tale costruzione, fortemente voluta dai malnatesi, si è resa necessaria per salvaguardare l’insediamento dei Mulini dalle acque del lago effimero che, altrimenti, lo avrebbe completamente sommerso. Si è potuto così conservare un piccolo insediamento civile oltre che un’area di particolare interesse storico industriale.

Per la sua ubicazione leggermente decentrata ne è rimasto però fuori il casello N.10 dell’ex Ferrovia della Valmorea che, quando il livello del lago raggiunge il punto più elevato, vede il suo piano terra completamente sommerso da due metri e mezzo di acqua. Attualmente il casello è sede di Legambiente.

In questo video tutta la bellezza del Parco Valle del Lanza visto dall’alto

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