Ferdinando Pessina, l’esploratore delle valli del Parco

Descrizione

Alcuni anni prima della progettazione del possente Piano della separazione dei torrenti di padre Antonio Lecchi, lo Stato di Milano inviò i propri funzionari a osservare e relazionare sull complessa situazione idraulica delle brughiere. Tra di essi vi erano gli Ingegneri Ducali Carlo Maria Robecco e Carlo Besana, entrambi descritti da Lecchi come abili  professionisti; in particolare, il secondo fu un indefesso lavoratore e protagonista di numerosissimi «viaggi intrapresi fino all’origine de’ torrenti»; vi era poi l’Ingegnere Camerale Ferdinando Pessina, che morì in servizio proprio a seguito dei pesanti sforzi compiuti nell’esplorare, studiare e cartografare le valli dell’attuale Parco della Pineta.

Sempre Lecchi fornisce una sintetica descrizione del fatto:

«con instancabile zelo ne’ sommi calori della state s’inoltrò in tutte le valli de’ torrenti, esaminò le loro origini, e gli andamenti dell’acque tutte derivate da ciascuna valle, e trasportolli in un esattissimo disegno […] ma finalmente oppresso dall’intollerabili fatiche, e viaggi intrapresi per la distanza dei luoghi in una stagione importuna, morì di febbre in Tradate nell’anno 1751, nel tempo stesso della visita»

Lecchi, Piano della separazione, inalveazione, e sfogo de’ tre torrenti di Tradate, Gardaluso, e del Bozzente, Milano, 1762)

I testi che seguono rappresentano una ricerca sulla figura di questa persona, ormai ai più sconosciuta, per poterne preservare la memoria.

 

I Pessina, Ingegneri Camerali

Nell’organizzazione dell’amministrazione dello Stato di Milano, a partire dalla seconda metà del Seicento, compare una crescente differenziazione dei ruoli di ingegneri, architetti e agrimensori. I primi si occupavano di progetti più complessi e importanti, ai terzi venne riconosciuto un livello inferiore e competenza limitata. Gli architetti e gli ingegneri sono distinti in ducali, regi, cesarei, collegiati, camerali, dell’esercito, – in ragione del loro rango e ruolo –  del Comune, della Città, – a seconda se operassero a Milano o nei Contadi – delle Acque, della Sanità, delle Strade – in funzione della loro specializzazione tecnica.

Tra questi, l’appellativo “Camerale”, associato al titolo di ingegnere, ne indicava la funzione pubblica, poichè “camera” significava “erario”, “insieme di ciò che è amministrato dello Stato”. Tipicamente, egli era un esperto impiegato nella progettazione e nella manutenzione della rete fluviale, come di torrenti, canali articiali e rogge, opere di di cui il Milanese è ricchissimo e su cui si basava fortemente l’economia (agricoltura, irrigazione, molitura e trasporti).

Ferdinando Pessina nacque verosimilente intorno al 1680 – 1690 a Milano da una famiglia già inserita in quella funzione dello Stato, proveniente dalla parrocchia di San Giovanni sul Muro di Milano. Del padre Diego (1651 – ante 1722) e del fratello Bernardo (1688 – vivo almeno fino al 1736) abbiamo qualche informazione in più.

Nel 1674 Diego avanzò richiesta di ammissione al Collegio degli ingegneri e architetti, dichiarando di aver svolto quattro anni di pratica presso il padre Giovanni Ambrogio. Dal 1680 è proprietario della casa di famiglia, nella parrocchia di origine, di alcune botteghe a Porta Romana, di una casa in Porta Vercellina e di terreni a Caronno, in pieve di Nerviano, oggi nel Comune di Caronno Pertusella. Nello stesso anno è il progettista del ponte sul fiume Tresa tra Luino e Germignaga. Successivamente occupa una serie di posizioni rilievanti nel Collegio. Nel 1709 è Ingegnere Regio Camerale al servizio del magistrato straordinario per i danni del Ticino, Adda, Muzza e dei Navigli.

Un documento datato 19 agosto 1722 assegna l’incarico di Ingegnere Regio Camerale del Ticino e del Naviglio Grande ai figli Bernardo e Ferdinando e attesta l’avvenuta morte del padre.

Bernardo Pessina, iniziò a lavorare col padre Diego nel 1703; richiede l’ammissione al Collegio degli Ingegneri e Architetti e viene ammesso nel 1712. Rimane attivo con diversi incarichi fino al dicembre 1736, quando compare l’ultimo documento che parla di lui.

Circa Ferdinando, non appare tra i membri del Collegio e appare nel panorama tecnico-scientifico nel già ricordato documento del 1722 come Ingegnere Regio Camerale. Lo stesso anno redasse, insieme dal fratello e a Francesco Bianchi, una relazione sulla situazione del canale della Muzza, nel Lodigiano. Dalla documentazione fin’ora raccolta possiamo venire a conoscenza di una piccola parte dei lavori di cui si occupò: nel 1724 era sul Ticino; nel luglio 1730 visitava l’impianto di tintoria dei Recalcati, situata al Ponte Marcellino, sul Naviglio della Martesana a Milano; nel 1738 relaziona al Magistrato circa un suo disegno e conferma una copia di una scrittura riguardante la vendita del lago di Biandronno il cui originale era stato eseguita dal nonno Giovanni Ambrogio nel lontano 1654.

Nell’Archivio di Stato di Milano sono conservati alcuni fascicoli di sue relazioni e disegni: uno riguardanti il Ticino (1738-1741), un secondo con riferimento alle cessioni territoriali del XVIII secolo, al Naviglio Grande e al trasporto di legnami (1743-44). Nel 1750, sempre con Bernardo, esplorò l’Adda da Lecco a Brivio per valutare l’abbassamento dell’alveo del fiume, così da limitare l’innalzamento del Lario in caso di piene e limitare i danni alla città di Como, lavoro poi eseguito, seppur con effetti effimeri, alcuni anni dopo. I due fratelli, nel 1751, realizzarono il Tipo indicante lo stato, posizione, e misura, in cui al presente si trovano le opere, e ripari, che dalla Regia Camera di Milano mantengonsi alla parte del Novarese, ad effetto di sostenere, e respingere le acque del fiume Ticino a ben imboccare, e mandar pieno il Grande Naviglio. Il documento è vidimato 21 giugno, quando ormai Ferdinando era già impegnato nel suo ultimo, fatale, lavoro: la mappatura delle valli tra Tradate e Appiano.

 

Il lavoro di Pessina nei boschi e la sua morte

Il 15 febbraio 1751, il Fisco Regio, nella persona di don Paolo de la Sylva, recepì le richieste delle Comunità che lamentavano come la distruzione della chiusa di San Martino, avesse annullato gli effetti e gli obbligi del Contratto Borromeo, stipulato nel secolo precedente, che aveva permesso di canalizzare il Bozzente e il Gradaluso verso sud, distogliendo i loro alvei dall’attraversare i paesi a valle.

Pertanto lo Stato, per mano del Governatore di Milano, il conte Gian Luca Pallavicini, si impegnò così a concorrere alle spese e stabilire l’invio degli ingegneri Bernardo e Ferdinando Pessina affinchè visitassero il territorio, ne evidenziassero le problematiche idrauliche e relazionassero delle proposte.

Ferdinando iniziò, probabilmente nella primavera avanzata del 1751, a ripercorrere ogni singolo torrente fino alle sue valli d’origine, realizzando delle cartografie. Probabilmente, sulla base di esse, fu poi realizzata la Carta topografica del corso antico e moderno de’ tre torrenti, pubblicata dal 1762, in varie versioni. Il Pessina ordinò la costruzione di numerose “roste”, ossia delle traverse fisse costruite in terra e legno intercciato per limitare l’erosione e per sbarrare l’acqua producendo un modesto rialzamento della superficie a monte e rallentarne il flusso. Queste opere furono realizzate allo sbocco delle principali valli: ne possiamo osservare di simili, realizzate posteriormente e in calcestruzzo, in varie località, come alla Bocca delle Valli di Carbonate e sul torrente Montelungo o Fosso delle Valli presso il guado della Strada dei Ronchi ad Abbiate sentiero 845. Eseguì inoltre la livellazione del letto del Gradaluso, che avrebbe voluto separare successivamente dal Bozzente, facendolo scorrere nel Rizzolone, uno scarico effimero che esisteva al confine tra Carbonate e Locate nel quale, effettivamente, fu poi scavato il Cavo che esiste tutt’oggi.

Come racconta Lecchi, durante l’estate, Ferdinando Pessina, tremendamente spossato dalle fatiche di questi continui itinerari, si ammalò di febbre. É difficile dire quale fosse esattamente la patologia di cui soffì: apparentemente, potrebbe aver ricevuto un colpo di calore: l’ipertermia è una situazione che può presentarsi in modo molto grave, anche fatale. L’ingegnere morì a Tradate a seguito di questa improvvisa malattia.

Con la sua scomparsa, si ottenebrarono tutti i suoi potenziali progetti. Lecchi riporta che essendo Pessina un personaggio singolare, non si fidasse degli altri e tenne molte delle sue idee per sè. Fu così che le opere da lui eseguite furono abbandonate nel giro di pochi anni o demolite per interessi privati, causando sommo disordine.

Le malattie degli ingegneri, a quell’epoca, non dovevano essere rare. La professione obbligava a trasferte che, considerando i tempi, erano impegnative, spesso con poco preavviso e supporto logistico. Il lavoro si svolgeva in ogni condizione meteorologica. Anche Carlo Maria Robecco, altro tecnico impegnato nella giunta sui tre torrenti, si diceva costretto a frequenti e faticosi sopralluoghi in remote località, come lamentava a corredo delle note di rimborso spese che presentava al rientro a Milano, nell’inclemenza del tempo, esposto all’umidità, alle febbri, al disagio di sistemazioni notturne non adeguate [1].

 

[1] G. Bigatti, La città operosa: Milano nell’Ottocento, FrancoAngeli, 2000, pp. 14-15.

 

Autore

Matteo Colaone